Immortals: Michele Andreolo


Il terrore dei pali

Ancora l’Uruguay, sulla strada del calcio degli immortali. Michele Andreolo era nato a Dolores, frazione di Soriano, cittadina nei sobborghi di Montevideo, il 6 settembre 1912. Cresciuto nello Spriano, attirava presto l’attenzione del Nacional di Montevideo, che lo ingaggiava giovanissimo. Centromediano naturale del Metodo, piccolo di statura ma atleticamente forte e dotato di un formidabile gioco di testa, costrinse i dirigenti del club a spostare il grande Faccio (poi emigrato all’Ambrosiana) a interno, per lasciare a lui il posto di maggiore responsabilità.

Trascinatore per vocazione, sapeva sganciarsi in attacco e trovare con facilità la via del gol (ma «l’area di rigore è troppo piccola per me» diceva, «a centrocampo si respira meglio»), però la sua specialità era contrare con aggressività il centravanti avversario e aprire il gioco grazie al suo senso della manovra istintivo e razionale. In più, disponeva di un tiro al tritolo, con cui su punizione si diceva che avesse spaccato più d’un palo.

Quando il connazionale Fedullo tornò in patria da Bologna per motivi familiari, i dirigenti del club rossoblù gli chiesero un consiglio per la sostituzione dell’altro “orientalOcchiuzzi, centromediano rimpatriato. Fedullo non ebbe dubbi e indicò Andreolo, decidendone il destino. Appena arrivato, il nuovo leader prese subito in mano la squadra, portandola allo scudetto, dopo cinque anni di predominio della Juventus.

Il Ct azzurro Vittorio Pozzo notò in lui le doti per la pesante eredità di Luis Monti e la convocazione in Nazionale arrivò di conseguenza, con risultati eccellenti. Non temeva gli scontri, al pari del predecessore, di cui era meno rude nell’uno contro uno, ma possedeva il lancio lungo e il senso dei tempi del gioco. Vinceva ancora due scudetti, in quel grande Bologna, nel 1937 e nel 1939. In mezzo, il trionfo Mondiale di Parigi 1938.

Era leggendario il suo debole per la bella vita e il presidente Dall’Ara non riusciva a dire di no alle sue continue richieste di anticipi. Dopo la guerra si trasferiva al Napoli, per chiudere la lunghissima carriera nel Catania e poi nel Forlì, in C. In Nazionale aveva chiuso con 26 partite e un gol. Aveva un unico debole (oltre alle donne): il calcio di rigore. «Quando mi trovo testa a testa col portiere» confessava candidamente «mi cedono le gambe. Ho coraggio, ma al momento del tiro provo una sensazione di impotenza». Il tallone d’Achille di un fuoriclasse dalla straordinaria personalità.

Michele Andreolo
(Montevideo, 6 settembre 1912 – Potenza, 15 maggio 1981)

StagioneSquadraPres (Reti)
1932-1935 Nacional35 (0)
1935-1943 Bologna195 (23)
1943-1945 Lazio14 (1)
1945-1948 Napoli93 (11)
1948-1949 Catania8 (0)
Nazionale
1935 Uruguay 1 (0)
1936-1942 Italia 26 (1)