Immortals: José Leandro Andrade


La Maravilla negra

Di lui, della “maravilla negra” che incantò il mondo alle Olimpiadi del 1924, ha dipinto un efficace ritratto lo scrittore Eduardo Galeano, anche lui uruguaiano:

«Nella linea mediana, questo omaccione dal corpo di gomma spazzava il pallone senza toccare l’avversario e quando si lanciava all’attacco, chinando il corpo, seminava un mare di giocatori. In una delle partite dell’Olimpiade attraversò mezzo campo con il pallone addormentato sulla testa. Il pubblico lo acclamava, la stampa francese lo chiamava “la meraviglia nera”».

Alfredo Pitto, grande nazionale azzurro, che gli giocò contro quattro anni dopo, nella semifinale del 1928 ad Amsterdam, ne rimase letteralmente incantato:

«Potrebbe attraversare il centro di Milano nell’ora di punta palleggiando e riuscirebbe a non far toccar terra alla palla».

Era il calcio del Metodo, il calcio di quella generazione di fenomeni uruguaiani che fece incetta di titoli. Andrade vinse due Olimpiadi (1924 e 1928), un Mondiale (1930), due Tornei Sudamericani (1923 e 1926), oltre a uno scudetto col Penarol. E, insomma, fu forse il primo campione universale, cioè ben conosciuto oltre i confini patrii, della storia del calcio, assurgendo a una popolarità che poi sarebbe stata solo, molti anni dopo, di Pelé. A Parigi restò dopo le Olimpiadi, diventando protagonista della vita notturna; poi, al ritorno in Uruguay, ricominciò a macinare il suo calcio d’autore. Era il primo giocatore di colore nella Nazionale “oriental” (nome sudamericano degli abitanti dell’Uruguay, che vivono a est del Rio de la Piata).

Nello schema del Metodo risultava mediano destro, in pratica il marcatore dell’ala sinistra avversaria, ma il suo era un gioco totale ante litteram, perché non appena sradicata la palla dai piedi dell’avversario si lanciava all’attacco, sperimentando le proprie magie in dribbling e la visione di gioco luminosa e geniale che gli valse un altro appellativo: “il musicista del calcio”.

Specialista dei fondamentali, venne anche definito “l’acrobata” per un suo gioco di prestigio particolarmente rinomato: sui palloni a mezz’altezza si lanciava in orizzontale, facendo perno sul terreno con un braccio e colpendo di piede (collo esterno) con perfetta coordinazione. Deluse soltanto nella finale di Montevideo 1930 quando, a dispetto della lunga esperienza, fu vittima della forte emozione. Era nato nel 1901 ed era cresciuto nel fertile vivaio del Bella Vista, da dove era partito per una carriera da girovago: Nacional, Penarol, Atlanta e Wanderers. Totalizzò 43 partite in Nazionale, morì nel 1957 a Montevideo, tubercolotico e in miseria.

José Leandro Andrade
(Salto, 20 novembre 1901 – Montevideo, 5 ottobre 1957)

StagioneSquadraPres (Reti)
1921-1923 Bella Vista71 (7)
1924-1930 Nacional105 (29)
1931-1932 Peñarol? (?)
1933 Wanderers (M)17 (0)
1933 Atlanta1 (0)
1934 Talleres (RdE)? (?)
1935 Peñarol? (?)
Nazionale
1923-1930 Uruguay 34 (1)