Immortals: Giampiero Combi


Il petardo mondiale

I compagni di collegio lo avevano soprannominato “fusetta”, petardo, per il suo spirito pirotecnico, non immaginando di anticipare le doti esplosive di un portiere tra i massimi della storia del calcio. Allora, d’altronde, Giampiero Combi spezzava il primo pane del pallone in piazza d’Armi a Torino nel Savoia come ala sinistra. Vuole però la leggenda che fosse sua cura fissare a ogni gara sul prato i pali della porta, custoditi nel cortile di casa. E che poi Carlo Bigatto, mediano della Juventus, gli suggerisse di estendere la vocazione alla copertura del ruolo.

Combi, nato nel capoluogo piemontese il 20 novembre 1902, possedeva un fisico ai limiti dei canoni del portiere: alto appena 1,71 per 70 chili di peso, compensava con una straordinaria capacità di elevazione e l’istinto al miglior piazzamento tra i pali. Nel 1920 si presentò al talent scout e giocatore juventino Guido Marchi, che gli concesse un provino, superato a pieni voti. Esordi in prima squadra il 5 febbraio 1922 a Milano, diventando subito titolare.

Il padre possedeva una azienda di liquori, in cui presto lo stesso giovane Giampiero si impiegò, restando calciatore dilettante. Nel 1926, tuttavia, l’offerta del padre di trasferirsi in Sudamerica a curare l’esportazione dei prodotti di famiglia lo fece vacillare. La Juventus scongiurò il pericolo offrendogli un robusto contratto da professionista. Da quel momento, Combi diventò Combi. Un portiere già bravo, che il puntiglio professionale portò vicino alla perfezione. Ricorda Vittorio Pozzo:

«Era continuo, costante, regolare e ammetteva i suoi difetti, e da essi si curava. Alle Olimpiadi di Amsterdam, nel ’28, fu battuto da un paio di tiri spioventi per la tendenza a piazzarsi un po’ avanti, rispetto alla linea della sua porta: rimuginò, masticò amaro, e nell’errore non ricadde più in seguito».

Combi divenne “il” portiere: nella Juventus e nella Nazionale il suo stile sobrio, tutto basato sul razionale calcolo del piazzamento, divenne sinonimo di sicurezza a prova di bomba, iscrivendolo nel ristretto circolo dei grandissimi dell’epoca. Aveva carattere forte, anche coi compagni. Ancora Vittorio Pozzo:

«A Viri Rosetta, restio al giuoco di testa lasciava andare duri cazzotti che il compagno incassava borbottando».

Al Mondiale 1934, ormai anziano, era il terzo estremo difensore dietro Cavanna e il titolare Ceresoli, che tuttavia si ruppe un braccio durante la preparazione. Pozzo lo promosse seduta stante e in tre giorni Combi era al massimo della forma. Della Nazionale vincitrice fu un caposaldo, dopodiché chiuse col calcio, nonostante le insistenze della Juventus. Aveva vinto cinque scudetti, di cui gli ultimi quattro di fila, e il titolo iridato. Aveva messo insieme 47 presenze in Nazionale e ben 350 nella Juventus e volle chiudere all’apice.

Aveva aperto un bar, a Torino, rimase nella Juventus come dirigente a titolo gratuito. Fu anche per breve periodo, nel 1951, nella commissione tecnica della Nazionale. Il 12 agosto 1956, di ritorno in auto all’albergo che lo ospitava vicino a Imperia, venne colto da infarto e morì sul colpo.

Gianpiero Combi
(Torino, 20 novembre 1902 – Imperia, 12 agosto 1956)

StagioneSquadraPres (Reti)
1921-1934 Juventus351 (−336)
Nazionale
1924-1934 Italia 47 (−65)